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Quando Marina Abramović sconvolse Napoli

Siamo nel 1974, nella galleria Studio Morra di Napoli e Marina Abramović mette in scena una delle performance più introspettive di tutti i tempi: la Rhythm 0 

Marina Abramović è un’artista serba, naturalizzata statunitense, attiva in campo artistico dagli anni Sessanta. È celebre per le sue performance che esplorano i tratti più istintivi e oscuri dell’animo umano. Tra le più impressionanti troviamo l’esibizione Rhythm 0, tenuta a Napoli nel 1974. L’artista era al centro di una stanza in cui erano presenti vari oggetti e spiegò agli spettatori che per sei ore sarebbe rimasta immobile. Il pubblico avrebbe potuto fare di quel corpo qualsiasi cosa desiderasse, l’artista si assunse tutte le responsabilità di ciò che sarebbe potuto succedere.

Cosa rese la performance sconvolgente?

Nella sala in cui si tenne la performance, venne installato un lungo tavolo sul quale vennero posti settantadue oggetti. Alcuni potevano essere strumenti di piacere, altri di dolore e vi era anche una pistola con un proiettile, possibile oggetto di morte. Insieme agli oggetti erano appoggiate sul tavolo le istruzioni:

– Ci sono 72 oggetti sul tavolo che possono essere usati su di me nel modo in cui desiderate

– Io sono l’oggetto

– Mi assumo completamente la responsabilità di quello che faccio

– Durata: 6 ore (dalle 20:00 alle 2:00)

Durante tutta la durata della performance l’artista stette passivamente immobile, accettando senza opporsi a qualsiasi cosa le venisse fatta.

Marina Abramović
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Cosa successe?

Le prime ore passarono tranquille, il pubblico si limitava a osservarla, qualcuno le fece una carezza, rapportandosi gentilmente con lei. Successivamente, quando iniziarono a percepire la sua accondiscendenza a qualsiasi gesto, ci fu un intensificarsi di provocazioni: gli spettatori cominciarono a spogliarla, spingerla, trasportarla. Ci fu chi le provocò dei tagli, chi invece le conficcò le spine di una rosa nella pelle, chi le succhiò il sangue che scorreva dalle ferite. Marina era immobile, mentre le lacrime bagnavano il suo viso. A un certo punto le fu puntata contro la pistola, fu lì che il gallerista, infuriato, gettò l’arma fuori dalla finestra per evitare che la performance si chiudesse nel peggiore dei modi. Allo scadere delle sei ore, il gallerista dichiarò la performance conclusa.

Marina Abramović
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Le considerazioni di Marina Abramović

Tornata a essere persona e non più oggetto, la Abramović si diresse verso il pubblico. In quel momento la gente iniziò ad andarsene frettolosamente, incapace di reggere un confronto con lei come persona. Con questa performance, l’artista voleva mostrare fino a che punto si sarebbe spinto l’essere umano, nella libertà di poter compiere atti sadici senza accollarsi alcun tipo di responsabilità. Aveva funzionato. Aveva mostrato il peggio degli esseri umani che, se sicuri dell’impunità rischiano di dare sfogo alle peggiori fantasie sadiche. Chi non aveva avuto umanità nei suoi confronti non riuscì, per la vergogna, a sostenerne lo sguardo. Ecco le sue parole:

“Quello che ho imparato è che se ti affidi e ti abbandoni al pubblico, loro possono arrivare a ucciderti. Mi sono sentita davvero violata, qualcuno mi ha infilato le spine della rosa nello stomaco. Si è creata un’atmosfera aggressiva. Dopo sei ore (come pianificato), mi alzai e iniziai a camminare verso la gente. Tutti scapparono via per sfuggire il confronto vero e proprio. E’ stata la pièce più pesante che abbia mai fatto, perché ero totalmente fuori controllo” . 

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