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Merkel, la fine di un’era: tra meriti ed errori con Danilo Taino (CorSera)

Merkel dice addio: un bilancio sui 16 anni di governo della Cancelliera con Daniele Taino, corrispondente da Berlino per il Corriere della Sera

Immaginare oggi una Germania – ed una Europa – senza Angela Merkel appare alquanto complesso. Il paese più influente d’Europa si appresta a cambiare guida dopo 16 anni di governo della Cancelliera classe 1954, che lascia ai propri elettori uno scenario tutto da riscrivere.

Abbiamo provato a fare un bilancio della lunghissima permanenza alla cancelleria della Lady di Ferro tedesca con Danilo Taino, giornalista corrispondente da Berlino per il Corriere della Sera.

In tanti hanno elogiato, in questi giorni, la cancelliera uscente Angela Merkel, per essere stata una grande figura politica per l’Europa: partiamo però dai suoi errori. Che tipo di eredità lascia?

“Sicuramente Merkel è stata importante per tenere unita l’unione europea con le sue grandi capacità di negoziatrice, in particolare durante i consigli europei con gli altri capi di governo. Di errori ne ha commessi diversi, e decisivi. Il primo, con il Nord Stream 2, il gasdotto che collega Russia e Germania, dove ha ceduto alle pressioni sia di parte dell’Industria tedesca che del partito social-democratico. Questo gasdotto, terminato in questo mese, crea una dipendenza per tutta l’Unione Europea dal gas russo.

Un altro errore, a mio parere, è stato quello di non aver fatto riforme decisive per praticamente tutti i 16 anni del suo governo, cosa che lascia la Germania indebolita dal punto di vista economico. Infatti diversi settori, a cominciare da quello automobilistico, oggi hanno problemi e il prossimo governo dovrà far fronte a questa situazione di arretratezza.

Un terzo errore secondo me lo commise nel 2011, dopo la tragedia di Fukushima: in quella circostanza Merkel, che aveva sempre sostenuto l’utilizzo del nucleare, decise invece di cessare le attività delle centrali nucleari tedesche. Infine ce n’è uno di base, che influenzerà il giudizio che gli storici avranno dell’ormai ex cancelliera: dal punto di vista economico e della politica commerciale, ha spesso privilegiato la Germania e trascurato l’Unione Europea”.

16 anni di governo con poche riforme: come si spiega questo?

“Di base, una serie di riforme del mercato del lavoro e delle pensioni furono fatte dal suo predecessore, il cancelliere Gerhard Schroder, contro cui Merkel vinse le elezioni nel 2005. Queste riforme, anche discutibili per alcuni versi, hanno creato una forte competività nella Germania degli anni successivi.

Direi che Merkel si sia adagiata su questo, con il suo stile atipico di non voler arrivare a scontri diretti non ha voluto fare riforme che sarebbero state necessarie. Penso in particolare alla necessità di liberalizzare alcuni settori, a partire dai servizi e dal settore bancario, molto fragile in Germania. Per arrivare fino alla riforma delle pensioni, che lei ha prima impostato per poi fare passi indietro, riducendo l’età pensionabile per determinati settori.

Penso che l’economia tedesca per un certo periodo sia andata bene, oggi però si rende conto di essere rimasta un po’ indietro rispetto ad altri, molto meno dinamica e con problemi di ristrutturazione che dovranno essere affrontati”.

Sono oltre un milione e trecentomila gli elettori della Cdu passati alla Spd, gli “orfani di Angela Merkel” che hanno preferito Olaf Scholz al candidato dei conservatori. Perché questa emorragia della Cdu?

“Credo che una serie di elettori, anche negli anni passati, non siano strettamente legati al partito cristiano-democratico. Votavano il partito per votare Merkel. Oggi che Merkel – ovviamente – non è tra i candidati, molti di loro hanno pensato che fosse inutile votare la Cdu come in passato e si sono indirizzati sui social-democratici. Un’altra ragione potrebbe essere che, dopo 16 anni di governo dei cristiano-democratici, cambiare sarebbe stato un bene”.

Cosa dobbiamo aspettarci da Scholz, che appare dunque come candidato favorito?

“Lui si è presentato come ‘Signor Cancelliera’, sicuramente una posizione utile dal punto di vista elettorale essendo Merkel ancora molto apprezzata dai tedeschi. Cosa farà in futuro dipenderà molto innanzi tutto da questa coalizione con i liberal-democratici da mettere in piedi, cosa non facile viste le differenze di posizione su questioni molto complesse come l’ambiente e la politica di bilancio.

I liberal-democratici sono molto più ‘ortodossi’ dal punto di vista economico, vogliono un bilancio tendente a zero, mentre i Verdi sono per una spesa pubblica più dinamica. Se Scholz riuscità a metterli assieme vedremo che posizioni prenderà. Dipenderà molto anche da chi sarà il prossimo Ministro delle Finanze, e questo interessa l’Italia e l’Europa. I Liberali chiedono che sia il loro leader, Lindner, a diventarlo.

Se dovesse essere lui il prossimo Ministro delle Finanze, il dibattito portato avanti in particolare in Italia e Francia sul Patto di stabilità che dovrebbe essere allentato, diventerebbe sicuramente più complicato con un ministro incentrato su posizioni più rigide rispetto a quelle di Roma e Parigi”.

Dopo Angela Merkel, toccherà a Mario Draghi guidare l’Europa?

“Draghi è molto bravo ed apprezzato a livello internazionale, probabilmente tra i leader europei è quello che possiede la maggiore leadership in questo momento. Il problema è che il paese che rappresenta non è la Germania e per certi versi neanche la Francia. È un paese con le sue fragilità, che soprattutto ha problemi di bilancio notevoli e dipende molto dalle scelte fatte a livello europeo.

In più è difficile sapere quanto Draghi resterà Presidente del Consiglio e cosa farà in futuro. In questi mesi, in cui a Berlino ci sarà la lunga discussione sulla formazione del nuovo governo con Merkel che resterà Cancelliera seppur con un governo di transizione, Draghi potrà giocare un ruolo sicuramente interessante. Il futuro dipende da troppe circostanze, è difficile esprimersi in questo momento.

È probabile che resti comunque una futura di rilievo, ma una cosa è giocare il ruolo del Presidente del Consiglio che partecipa ai consigli dell’UE, un’altra invece sarebbe giocare il ruolo del Presidente della Repubblica a livello più strettamente nazionale”.

Leggi anche: Armenia-Azerbaijan, alle radici della questione: prima parte

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