Armenia-Azerbaijan, alle radici della questione: prima parte
Armenia-Azerbaijan, la frattura si riapre: la testimonianza del giornalista Talal Khrais, da sempre vicino alla causa armena
Armenia-Azerbaijan, una questione destinata a prolungarsi ancora nel tempo. Una serie di tensioni divenute “famose” grazie al conflitto del Nagorno Karabakh, all’inizio degli Anni ’90, ma le cui radici sono molto più profonde. Per capire al meglio la situazione di cui sono protagonisti questi due paesi del Caucaso, abbiamo intervistato Talal Khrais, corrispondente per Armenpress e per la National News Agency.
Possiamo stabilire un momento preciso in cui il fuoco tra le due parti si è riacceso? Magari con l’avvistamento dei militari armeni in territorio azero.
«È importante conoscere le vicende storiche di questa fetta di mondo, per capire al meglio il presente. Quello che viene chiamato Nagorno Karabakh è un territorio che Stalin regalò negli Anni ’20 all’Azerbaijan. Una decisione stupida, voluta dal Partito Comunista azero. Questo però è un territorio armeno, io ci sono stato più volte e non ho mai visto una moschea o altri segni di appartenenza all’Azerbaijan. Ci sono monumenti risalenti al 300 d.C. Quando è crollata l’Unione Sovietica, ogni Stato – secondo quanto stabilito da Gorbaciov – ha potuto decidere il proprio destino col tempo. Il consiglio del Nagorno Karabakh votò all’unanimità per l’indipendenza, una cosa che non è mai stata digerita. All’inizio degli Anni ’90 ci fu poi la guerra tra armeni e azeri, vinta dai primi. Ora gli azeri, con l’appoggio di Israele e Turchia, hanno preparato un nuovo conflitto per riprendere una parte di quel territorio».
E gli episodi delle ultime settimane? Cosa significano?
«Non mi fermerò su questi episodi, sono notizie quotidiane e bisogna approfondire la questione alle proprie origini. Quello del Nagorno Karabakh è un territorio armeno, l’Azerbaijan è riuscito a riprenderlo con l’arroganza e con l’appoggio israeliano e turco. Bisogna seguire il conflitto, non le notizie quotidiane».
Il ruolo della Russia in questa situazione, vista come mediatore. Come sta operando?
«Vedo la Russia soltanto come un paese opportunista. Non ha mai avuto un principio sano nell’ambito della politica estera dall’insediamento di Putin ad oggi. La Russia fa affari, compromesi, non ha veri “amici”. In questo caso i russi hanno abbandonato gli armeni, e questa situazione è colpa di Stalin e della Russia. Tutt’oggi, i russi sono in possesso delle mappe che testimoniano l’appartenenza del territorio del Nagorno Karabakh all’Armenia. Ora cercano di avere rapporti positivi sia con Armenia che Azerbaijan, ma dovevano risalire alle origini del conflitto».
Quanto è vicina una soluzione definitiva?
«Non c’è una soluzione vicina, perchè quando c’è un’occupazione c’è anche una resistenza. Gli armeni non cederanno, hanno avuto anche la possibilità di allargare il conflitto essendo in possesso di missili 9K720 Iksander. Se avessero voluto una guerra più ampia, avrebbero potuto colpire le infrastrutture petrolifere azere. Penso che una questione così lunga, con un territorio occupato, non si possa risolvere da un giorno all’altro. Come Israele, che continua ad occupare i territori palestinesi dal ’48: lì c’è una intifada dopo l’altra. L’Azerbaijan, con le tecnologie e il supporto turno e israeliano, è riuscito a prendersi il Nagorno, ma questa storia non finisce qui. Ora si cerca una soluzione per vie diplomatiche, ma nessun armeno al mondo dimenticherà mai che questo territorio appartiene al suo popolo. Anche in Libano, nel ’78, abbiamo avuto un territorio occupato: ce lo siamo ripresi con la resistenza».
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